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Carnevale 2005

Continua l’organizzazione del veglione da parte del Comitato, anche se a causa di incomprensioni si dimettono alcuni membri, subito sostituiti da altri senza variazioni nelle caratteristiche organizzative: la programmazione prevede sempre una serata domenica e un’altra il martedì di Carnevale.

Il Gruppo 2001 domenica presenta la maschera Castelbuono, anno III dell’era Santannuzza, una riedizione di quella dell’anno precedente sapientemente infarcita di alcuni nuovi pezzi. La maschera è fortemente incentrata sull’ascesa del sindaco Mario Cicero nell’agone politico e amministrativo di Castelbuono, sui retroscena della distribuzione degli incarichi amministrativi e sulle scaramucce che si intrecciano a questo proposito, prima fra tutte quella per il seggio di presidente del consiglio. La maschera, seppur già rappresentata, mantiene intatta la capacità di captare l’attenzione del pubblico trasportandolo sui divertenti toni della scorciasmancia. Già nella rappresentazione di domenica è evidente il “distintivo” che il gruppo ha pensato di dare al 2005: una partecipazione ancora più viva e integrata nel corpo della maschera dei piccoli 2001: Alberto e Carla Cucco, Costantina Meli, China e Angela Genchi, con Fabio Meli che affianca alla chitarra la bravissima Valeria Sacco che contribuisce, significativamente e con innata bravura, sia alla preparazione degli arrangiamenti e di alcuni assolo musicali che all’esecuzione degli stessi. Massimo, con riferimento alle splendide esecuzioni di Valeria, durante le prove, continuava a punzecchiare Paolo, oltre che con la consueta Quannu sùoni pari ca manìi u zzappuni (che riceve puntualmente in risposta Talìati tu, ca i to ita supra a chitarra pàrinu com’i muzzuna dî sicaretti), con altre nuove e signorili esortazioni, la più gentile delle quali suonava più o meno così: U sa sèntiri comi si sona?, saccunaru!. e della

Quelli dei piccoli 2001 sono poco più che camei, ma danno una concreta testimonianza del fatto che … il sangue non è acqua.

Martedì sera con la maschera Ma cu è l’avvocatu Cartiddruni? il Gruppo 2001, sempre alla ricerca del nuovo e del diverso scenico, mai fine a se stesso, oltre a confermare i piccoli 2001 e l’impianto musicale, inserisce una nuova trovata: inizia con un preambolo cantato in mezzo al pubblico, accanto all’ignaro Antonio Mazzola, nel quale si dichiara che il copione è costituito soltanto da quella canzone per l’inaridirsi della capacità di scrittura dei testi, dovuta alle richieste pressanti dello stesso Antonio Mazzola e del comitato di contenerne i tempi (argomento questo che fa tuttora venire l’orticaria al Gruppo 2001 per motivi che andrebbero indagati e discussi a parte).

La canzone finisce con il gruppo che esce dalla sala (da dove tutti gli altri gruppi, storicamente, avevano fatto entrate trionfali) cantando e vi partecipamu pigliamu i pezzi e nni nni iamu. Mentre tutti i presenti seguono questo strano esodo, chiedendosi cosa diavolo stia succedendo, dalla parte opposta – colpo di scena – si apre il sipario con i piccoli 2001 sulla scena introdotti da Stefania Sperandeo nel doppio ruolo di presentatrice e di chioccia, producendosi in una spassosa parodia sul comitato e sulla stessa Stefania, confermando ancora una volta, qualora ce ne fosse stato bisogno, di avere non solo la stoffa ma anche e soprattutto lo spirito animatore del veglione.

Quindi la maschera continua con il Gruppo 2001 che riprende la scena spiegando al pubblico che era follia credere all’impossibilità di scrivere la maschera: con tutto ciò che era successo quell’anno…a pinna pari ca scrivìeva sula.

Ma torniamo un attimo ai momenti immediatamente precedenti l’inizio della maschera di martedì: va raccontato un fatto inaspettato, verificatosi proprio qualche minuto prima dell’entrata in scena del Gruppo 2001, che avrebbe tagliato le gambe a non pochi, almeno a chi non è avvezzo all’arte dell’improvvisazione e non è dotato dell’istrionico istinto di animale da veglione. Chiara, la figlia di Paolo, avrebbe dovuto cantare una strofa della canzone “Tutta la giunta a Roma”, imitando Adriana Scancarello che rispondeva a “…lo apostrofa Adriana Scancarello:” con “ci parlo io con sua santità” ma, a causa di un momentaneo malessere, obbliga Paolo a lasciare i cumpagni i pricissioni sul più bello (o sul più brutto a seconda dei punti di vista). Così, Enzo Cucco, che si tirava i pochi capelli rimastigli, Enzo Meli e Massimo diedero luogo a un vero e proprio “piano Marshall” e, lestu e guagliardu, ridistribuirono le parti di Paolo senza che la maschera risentisse in alcun modo dell’imprevisto. Onore al merito.

Il titolo della maschera è una domanda sulla identità di un ipotetico quanto misterioso Avvocatu Cartiddruni che diventa un tormentone, prodromo di quello più incisivo e divertente che nascerà due anni dopo con u sceccu, u sceccu!. Gli argomenti, oltre al già citato Comitato e all’immancabile sindaco, sono la visita al Papa di tutta la giunta comunale, l’introduzione della raccolta differenziata che non poche sofferenze addusse ai castelbuonesi, l’assessore Santi Leta con le sue improbabili modifiche alla circolazione viaria, a cominciare dall’introduzione del bus navetta che, a quanto dicono i bene informati, non ha mai superato la soglia dei 10 passeggeri… in totale. Ultimo argomento è il film “Giosuè l’ebreo” che il regista Pasquale Scimeca aveva girato in parte a Castelbuono attingendo a piene mani al variegato e notevole parterre di caratteristi che il Paese può vantare. Tanti proposero generosamente le loro virtù cinematografiche al regista, non parendo loro vero di poter dimostrare la propria eccellenza di attori: e tutti sono almeno citati nella maschera. Molta ilarità suscitò in proposito il commento che viene fatto dire nella maschera a Scimeca, circa il provino fotografico di Michele Crivello:

Na cosa i chista un l’a vistu mai, vi l’assicuru ia:
ora comi fìciru i argi a sbuffàricci di fora di nna fotografia?
.

E per finire un accenno all’inno, sull’aria di “La vita è bella”, con cui si chiude la maschera che a parere del Gruppo esprime e sintetizza tutta la gioia, la voglia, la magia che lo anima nel fare il veglione e di cui si suggerisce un attento ascolto delle parole; una strofa per tutte

ne abbiamo bisogno per vivere un sogno
sperando questa sera di averlo regalato a voi
,

a simboleggiare la simbiosi gruppo–pubblico necessaria alla realizzazione del “sogno” che il veglione regala con generosità a chi lo ama.