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Carnevale 2011

A distanza di tre anni dall’ultima apparizione, il Gruppo 2001 ritorna a calcare il palcoscenico del Veglione al Cine Astra dimostrando a chi doveva intendere, che le assenze degli anni precedenti non erano state determinate né da spirito disgregativo, né da atteggiamenti polemici, né da morboso attaccamento al vile denaro, visto che avere rappresentato lo spettacolo in autonomia ha significato, tra l’altro, accollarsi l’onere dell’organizzazione, rinunciare ai gettoni di presenza, far fronte a tutte le spese. In una parola: rràdiri e paari.

Il Gruppo 2001, che si è esibito nelle serate di domenica e martedì, ha presentato il nuovo spettacolo dal titolo Barba, capelli, shampoo e bunga bunga: nna na parola pilu con una formazione, a prima vista, debilitata a causa dell’assenza forzata di quell’animale da palcoscenico che è Enzo Meli. Ma siccome la classe non è acqua, la qualità della performance è stata ancora eccellente con Enzo Cucco e Paolo Cicero che hanno tirato fuori dai rispettivi cilindri delle sorprendenti interpretazioni.

 

Martedì il Gruppo ha accettato di buon grado l’esibizione in chiusura di serata, sebbene non fosse stato messo in conto che la programmazione, per quanto approssimativa, potesse determinare l’inizio delle maschera nnê matinati; così, con una parte seppur piccola del pubblico abbandonata a Morfeo, ma con uno zoccolo duro che eroicamente resisteva, veniva confermata ancora una volta la capacità, anche in condizioni proibitive, del Gruppo 2001 di focalizzare l’attenzione ed entusiasmare il pubblico.

 

Lo spettacolo, com'è ormai consuetudine, si è dipanato su due piani distinti: quello del cabaret e quello della sceneggiata, ambientata stavolta in una sala da barba.

Si inizia con una lunga suite che ha come filo conduttore la nuova attività commerciale del sindaco, nella quale vengono intercalati dei pezzi politici e la comica querelle relativa ai divieti d’accesso, dapprima tenacemente perseguiti, quindi miracolosamente eliminati assieme ai parcheggi, alla vigilia dell’inaugurazione dell’attività commerciale del sindaco ubicata in quei pressi. Inquietante coincidenza. Un repentino cambio di scena ci porta all’interno di una sala da barba filologicamente ricostruita e gestita dal figaro don Sarinu, interpretato da Perrini.

Qui, gli strampalati avventori (uno dei quali, interpretato da Paolo, suole portarsi appresso un porcellino, costumanza assolutamente vera di un pittoresco personaggio del passato) intavolano una surreale discussione relativa alle mirabolanti meraviglie che si possono ammirare nel nuovo municipio, la casa comune, disinvoltamente realizzate ma assolutamente vietate nella casa di un comune cittadino.

In altre parole: Tuttu chiddru ca tu a to casa vulissi fari e a Sovrintendenza un tu fa fari, ddrà c’è.


Dice don Sarinu al disorientato avventore Pitrinu:

- Tu cchi vulissi fari a to casa, âffacciata culuri panza i pruci?

E Pitrinu, magistralmente interpretato da Enzo Cucco:

- Se!, mi piacissi bellu fussi...

- E nuatri a faciemmi, ddrà nella casa comune.

- Se, ma a ma casa no!

- E vabbè, chi mportanza avi, chiddra è a casa di tutti, puri tua. Tu ti pigli a seggia,
t’assietti ddrà davanti e ai âffacciata culuri panza i pruci. Senza spenniri nenti.

La battuta centrale

- E nuatri a faciemmi, ddrà nella casa comune.

ripetuta svariate volte alternativamente da Perrini e da Massimo al malcapitato Enzo Cucco che, artatamente messo tra i due sembra un po’ uno sparring partner, un po’ un pugile suonato, riesce a rispondere sempre e solo:

- Se, ma a ma casa no!

carica la scena di straordinaria comicità.

E per tenere desto il livello della conversazione, come nella più alta tradizione delle sale da barba, don Sarinu provvede a peparne il contenuto chiedendo lumi su una diceria in base alla quale Lei e Lui sarebbero stati intercettati, appartati â Pintorna, nel corso di un clandestino espletamento di pratiche riservate. Un bunga bunga lontano dai lussi e dalle sontuosità assurti agli onori delle cronache recenti, ma lo stesso senza esclusione di colpi.

La macchietta, evidentemente senza alcun fondo di verità, diventa un tormentone che diverte, inquieta, intriga e – a quanto pare – tiene sulle spine qualcuno con la coda di paglia.

Si ritorna quindi al cabaret per narrare che cosa accadrà nel 2012 allorché è prevista la fine del mondo ma anche la fine del mandato amministrativo del sindaco. Dove la prima catastrofe è, ovviamente, immediata conseguenza della seconda.

La corsa alla successione è narrata attraverso un lungo medley di canzoni e poesie nel corso delle quali gli aspiranti candidati a sindaco vengono via via fatti fuori, uno stillicidio che risparmia solo l’erede al trono, l’attuale amministratore unico dell’ATO, vecchio compagno di bisbocce del sindaco. E su quest’ultimo i sopraffatti, una tantum, si rivalgono dello smacco subìto intonando con viva soddisfazione Te c’hanno mai mannato a quer paese.

 



Un altro cambio scena volante per ritornare alla sala da barba, dove i piccanti pettegolezzi della Pintorna fanno pendant con i tanto chiacchierati avanzamenti di carriera, subito congelati, di alcune dipendenti comunali e con lo smantellamento del parco macchine del comune a partire dalla vettura funebre e da una Peugeot.

 

 

- U sinnacu si vinni a machina murtuaria e a Pesciòl!

- A pesciòl? ma quali Pesciòl?

- Comi ma quali pesciòl!, a sua!

Sulla storpiatura della pronuncia di Peugeot si intavola uno spassoso dialogo a quattro fatto di evidenti doppi sensi che chiude lo spettacolo fra le risate e gli applausi.

Il finale di martedì è un commosso tributo a Cesare Fiasconaro, indimenticato protagonista di tanti Veglioni di Carnevale sia come interprete che come presentatore, scomparso esattamente un anno prima. L’incipit è già un chiaro attestato di stima indefettibile:

Sul palco la voce tutt’ora riecheggia,
calda, mai superba e sempre amica,
di te, sicuro come un re nella reggia,
che tutti conduci con maestria antica.
Ecco, fra mille che stridono assordanti,
la tua di quei fasti serbiam nitida e gradita;

perché di quei dì tu sei uno dei giganti

figura indelebile, nei cuori ormai scolpita.

 

Poi la poesia continua mentre sullo schermo gigante, sapientemente curati dal mago Peppe Cucco, scorrono, quasi come mesti titoli di coda, video e immagini che tratteggiano la carriera artistica di Cesare: il tutto, assai simbolicamente, mentre il veglione finisce, nel momento in cui muore la maschera, eterna araba fenice che rinasce dalle proprie ceneri.